Lo studio si occupa degli aspetti internazionalprivatistici delle crisi dei gruppi bancari multinazionali e verifica l’idoneità e la completezza dei tradizionali metodi di diritto internazionale privato in relazione al raggiungimento di soluzioni che consentano una gestione efficiente di fenomeni siffatti. Se l’impostazione tradizionale richiederebbe di assumere il punto di osservazione dell’ordinamento italiano, esigenze derivanti da un fenomeno non tradizionale, quale è quello in esame, che nasce e si sviluppa al di fuori dei singoli ordinamenti statali, determinano la necessità di elaborare metodi nuovi che, parimenti, si collochino al di fuori di tali ordinamenti.
Dopo un’introduzione volta a tracciare le principali caratteristiche della fattispecie oggetto di studio, la stessa è affrontata in un primo momento nell’ottica tradizionale dell’ordinamento italiano. Tale ottica è tuttavia presto abbandonata, per considerare piuttosto quelle forme spontanee di collaborazione ad hoc tra curatori fallimentari e giudici di diversi Stati, che sono sorte proprio in risposta all’inadeguatezza delle soluzioni raggiunte sulla base della prospettiva dei singoli ordinamenti statali. Sono poi presi in considerazione due recenti atti legislativi dell’Unione europea, la direttiva c.d. BRRD ed il regolamento c.d. SRM, che hanno comportato un’ulteriore evoluzione delle tecniche predisposte per far fronte alle crisi dei gruppi bancari multinazionali. Infine, si dà conto di un vasto corpo di strumenti di soft law, volti a sostenere la cooperazione spontanea di cui si è detto, che permangono attuali negli ambiti – spaziale e materiale – non coperti dalla direttiva e dal regolamento.