La condizione del non cittadino interroga le democrazie contemporanee intorno all’ispirazione universalistica delle Costituzioni. I diritti sociali conservano un «nesso di principio» con il concetto di cittadinanza che li rende resistenti alle ipotesi di estensione in favore degli stranieri. Le teorie cosmopolitiche risolvono la tensione tra il fondamento nazionale di talune categorie di diritti e l’universalismo, proponendo il superamento dello status civitatis all’insegna di un costituzionalismo di tipo mondiale, privo di radicamento nella comunità politica. Il diritto internazionale offre soluzioni solo parzialmente appaganti e tende di frequente a confermare la natura “statale” dei diritti di seconda generazione. Gli ordinamenti nazionali, dal canto loro, sperimentano molteplici soluzioni nel tentativo di coniugare la protezione dei diritti sociali essenziali e il perseguimento di obiettivi di contenimento della spesa pubblica. I modelli di scrutinio impiegati dalle Corti costituzionali disegnano variamente il perimetro di questo bilanciamento, offrendo al diritto comparato un terreno di ricerca ricco e quasi inesplorato. In questo complesso scenario, la distanza tra la “preferenza per i connazionali” e l’universalismo dei diritti sembra poter essere percorsa solo attraverso la valorizzazione della dimensione partecipativa del rapporto tra Stato e individuo.