Nell’ambito del più generale problema del potere di disposizione spettante al comproprietario sul bene comune, l’indagine ha approfondito la fattispecie dell’atto dispositivo della quota indivisa del singolo bene facente parte del compendio ereditario in comunione tra i coeredi. Essa esamina l’applicabilità alla comunione ereditaria dell’art. 1103 c.c. che, in tema di comunione ordinaria, statuisce il principio della libera alienazione della quota e pone a confronto le due posizioni che scaturiscono dal risolvere positivamente tale questione: l’una che ne circoscrive l’ambito applicativo esclusivamente all’alienazione della quota dell’intera eredità; e l’altra che ne ammette l’applicazione anche con riferimento alla quota indivisa del singolo bene che rientra nel più ampio compendio ereditario. Propendere per l’ammissibilità di tale atto del coerede pone la necessità di prendere posizione in merito alla sua efficacia: l’indagine prende in esame le tesi che ad esso riconducono efficacia traslativa, immediata ovvero subordinata all’esito della divisione ereditaria.
Una soluzione al problema dell’ampiezza del potere dispositivo del coerede che si basi esclusivamente sull’esame della natura giuridica della comunione ereditaria, tuttavia, pare suscettibile di ulteriore riflessione, a partire dalla sua impostazione nei termini di una compatibilità o meno della disposizione di cui all’art. 1103 c.c. con la disciplina della comunione ereditaria. Appare più corretto ragionare, invece, nel solco di una indagine che faccia perno sulla peculiare fisionomia della divisione ereditaria e, dunque, muovere da una questione di compatibilità o meno con la disciplina normativa di essa delle conseguenze prodotte, in sede di riparto, dal principio della libera alienazione della quota.