La Costituzione di Weimar del 1919 è strettamente collegata all’opera critica di Carl Schmitt, mentre negli ultimi cento anni, e ancor’oggi, l’incubo weimarianoha aleggiato e alita sulle democrazie pluraliste.
In questo volume una serie di scritti sul caso weimariano, sull’Italia e su Carl Schmitt – redatti nell’ultimo lustro – vengono preceduti da un’introduzione dedicata alla situazione storico-spirituale del costituzionalismo nello Stato di diritto costituzionale democratico di massa, nato dopo il secondo conflitto mondiale. Le trasformazioni degli ultimi cinquant’anni hanno, infatti, trasformato profondamente gli ambiti cui fanno riferimento le istituzioni liberal–democratiche. Non soltanto lo spostamento degli assi geopolitici e la rivoluzione digitale influenzano – oramai – intensamente l’attività dei soggetti politicamente rilevanti, ma i partiti risultano ‘svuotati’ e gli elettorati sono divenuti meno partecipi e più volatili. Oggi ci ritroviamo in un tornante che, per certi aspetti, somiglia a quello degli anni Venti del secolo scorso, nell’ambito – però – di uno spazio geopolitico in cui il continente europeo risulta oramai periferico.
In un simile quadro il costituzionalismo rischia di essere percepito come un mero valore occidentale, con lo sguardo rivolto alla sola potenza statunitense e alle sue vicende interne, e non più un patrimonio dell’intera umanità. Sulla base dei valori del costituzionalismo e della realtà, la prospettiva suggerita dal volume è quella di sviluppare una duplice strategia fondata da un lato sulla limitazione dei poteri e sulla partecipazione, dall’altro sull’ambito del government statuale e su quello della governance degli istituti sovranazionali e della (ri)globalizzazione.