La disciplina del contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, di cui al d.lgs. 8 novembre 2021 n. 198, in attuazione della dir. (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, prospetta molteplici profili sul piano ermeneutico e a livello applicativo. Le regole poste alla base della vendita dei prodotti nei moderni mercati agroalimentari, che presentano diverse criticità e disfunzioni, unitamente agli obiettivi che le più recenti strategie europee hanno tracciato, impongono di considerare il complesso ambito normativo di riferimento che interessa, da un lato, la regolazione dell’offerta dei prodotti e dall’altro le trattive contrattuali. Tale considerazione rileva sul piano sistematico in funzione della specificità della materia che segna, in modo rilevante, anche la disciplina del contratto di cessione dei prodotti agricoli e alimentari sul mercato e richiede all’interprete un’analisi di ampio respiro volta a considerare non solo l’atto della cessione, ma altresì le regole che lo precedono, e che interessano la fase della concentrazione dell’offerta dei prodotti agricoli, secondo specifici criteri, qualitativi e quantitativi, strumentali ai fini del funzionamento del mercato. Il discorso, in tal modo, si colloca nel pieno delle regole relative alla strutturazione giuridica della filiera agroalimentare scolpita negli assi ortogonali che definiscono il mercato e le norme poste a tutela della concorrenza così come previsto dal diritto europeo. Secondo questa prospettiva è possibile considerare che la trattazione della disciplina relativa alla cessione dei prodotti agricoli non si esaurisce nella disamina del solo atto di cessione di un bene; questa, invece, si colloca in un ambito disciplinare maggiormente articolato riconducibile alle norme poste a governo del mercato agroalimentare, che coinvolgono le strutture che vi operano e le regole poste alla base del contratto segnato, da ultimo, da una profonda evoluzione normativa.