Lo studio affronta le problematiche relative al complesso rapporto tra processo penale e informazione, analizzando la disciplina dei molteplici divieti di pubblicazione di notizie, atti e immagini previsti dalla legge a tutela di interessi processuali ed extraprocessuali.
Dall’indagine – che prende avvio dall’ontologico conflitto tra diritto di cronaca e altri valori costituzionalmente tutelati (regolare amministrazione della giustizia, presunzione di non colpevolezza, diritto alla riservatezza) – emerge un profondo divario tra dato normativo e prassi quotidiana: a fronte di un’articolata e apparentemente rigida regolamentazione, il cui nucleo fondamentale è costituito dall’art. 114 c.p.p., risulta assai frequente la violazione dei divieti di pubblicazione di atti del procedimento penale posti a tutela del segreto investigativo ovvero di atti lesivi della riservatezza dell’indagato o di altri soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nel procedimento, come nel caso della pubblicazione del contenuto di brani di intercettazioni telefoniche assolutamente irrilevanti ai fini processuali; senza dire della corrente divulgazione di foto o riprese video di soggetti in manette o sottoposti ad altri mezzi di coercizione fisica.
La ricerca – anche alla luce delle proposte di riforma discusse negli ultimi anni – suggerisce possibili soluzioni per scongiurare i pericolosi effetti distorsivi derivanti dal c.d. “processo mediatico”. Al di là di eventuali modifiche alle norme di diritto penale sostanziale e processuale, per tentare di raggiungere un corretto ed equilibrato rapporto tra media e giustizia penale resta comunque centrale il richiamo alla deontologia e al senso di responsabilità per tutti gli operatori della giustizia e del mondo dell’informazione.