La struttura e l’articolazione multilivello della contrattazione collettiva italiana sono attualmente oggetto di una radicale e, per certi versi, tumultuosa, evoluzione dettata dalle ragioni della crisi economica. La tradizionale architettura bipolare eretta nel dopoguerra sulle fondamenta della relazione gerarchica tra contratto collettivo nazionale e contrattazione di secondo livello viene oggi, in Italia, come in altri Paesi europei caratterizzati da bassa crescita ed elevato debito, decisamente insidiata dal nuovo primato della contrattazione aziendale. Assistiamo così alla epifania della contrattazione cd. « resiliente », che, ispirandosi al modello tedesco inaugurato a Pforzheim nel 2004, è ritenuta capace di indurre l’adattamento della singola impresa all’urto delle condizioni sfavorevoli di mercato per restituirla, nel medio periodo, più forte e competitiva di prima.
Il volume analizza nei passaggi chiave la sconvolgente accelerazione impressa verso il cambiamento dagli hard cases Pomigliano d’arco e Mirafiori, dalla promozione legislativa della contrattazione in deroga, fino al tentativo di autoriforma tramite il Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013. Ne ricava la consapevolezza di una mutazione del sistema delle relazioni industriali tale da trasfigurare la funzione stessa della contrattazione aziendale. Alla tradizionale reciprocità di disponibilità al lavoro verso migliori condizioni di lavoro, il contratto aziendale « resiliente » che l’Europa propone attualmente quale antidoto alla delocalizzazione sembra, infatti, sostituire lo scambio secco tra rinegoziazione dello statuto protettivo e mantenimento dei posti di lavoro. Di qui, il rischio che il negoziato aziendale, nei prossimi anni, divenga il luogo sistematicamente deputato, su di un piano strettamente giuridico, a formalizzare uno scambio in realtà economico, che vede il bene occupazione acquisire un ruolo esclusivo e predominante su ogni altro.
Allo stesso tempo, senza dar credito al falso mito di miracolistiche capacità della contrattazione aziendale, lo studio prende atto che soltanto il contratto aziendale sembra avere la competenza e la tempestività necessari per almeno tentare di dare risposta alle sollecitazioni di una crisi economica senza precedenti, ogni qual volta queste si abbattono su di una singola realtà produttiva. Per cui finisce con l’auspicare che, accanto al decentramento negoziale ormai inevitabile, l’approdo ultimo dell’evoluzione in atto veda quantomeno la compiuta legittimazione procedurale del potere negoziale sindacale ad ogni livello, così da garantire che al fondo di ogni accordo in deroga giaccia la libera e consapevole, ancorché dolorosa, volontà della maggioranza di coloro che ne risentiranno le conseguenze direttamente nella propria vita.