L’introduzione dell’istituto del consolidato nazionale, avvenuta con la riforma del 2004, pone questioni di particolare interesse con riguardo al profilo della soggettività tributaria e, soprattutto, con riferimento al principio di capacità contributiva. L’obbligo previsto in capo alla consolidante di versare le imposte a fronte dei redditi propri di altri soggetti (le consolidate) spinge a chiedersi, come avvenuto in anni recenti con riguardo ad altri istituti o a particolari imposte del nostro ordinamento, se la tradizionale interpretazione dell’art. 53 Cost. sia ancora sostenibile. Nel consolidato nazionale, poi, la complessità aumenta nel momento in cui ci si rende conto del fatto che l’apparente contrasto con il principio di capacità contributiva si sana considerando titolari di indici di capacità contributiva tanto la consolidante quanto le consolidate. Ma gli indici di capacità contributiva sono in questo caso tra loro differenti. Di qui l’elaborazione, nel presente lavoro, della teoria del doppio livello della capacità contributiva. Teoria che comporta come conseguenza anche una ridefinizione piuttosto radicale della figura del sostituto di imposta (la consolidante) che qui viene visto come titolare, a sua volta, di un indice di capacità contributiva diverso dal reddito. Ciò che emerge dal presente studio è un elevato livello di elasticità con cui l’art. 53, comma 1 Cost. viene apprezzato dal legislatore, senza che dalla giurisprudenza costituzionale emergano segnali di contrasto rispetto a tale atteggiamento. I limiti si fanno meno stringenti (o forse non lo sono mai stati) ma questo non significa che il principio costituzionale “cardine” della materia tributaria non costituisca più un limite per la norma ordinaria. Si tratta di raccogliere la sfida abbandonando schemi ormai superati dall’ordinamento tributario, per ridefinire i contorni di un principio che certamente riveste ancora un’importanza fondamentale anche nella sua funzione di limite all’azione legislativa.