Le recenti tendenze evolutive delle nullità con funzione protettiva mostrano chiaramente l'emergere di una esigenza: definire la misura entro cui l'ordinamento deve garantire la protezione del contraente svantaggiato. Ciò con l'obiettivo di stigmatizzare impieghi opportunistici o disfunzionali del rimedio in pregiudizio dell'interesse generale del mercato. A riguardo, la vicenda relativa all'uso selettivo della nullità non è che la più recente e, per certi versi, emblematica testimonianza della rilevanza del tema. La
necessità che la nullità operi “a vantaggio” del contraente protetto, ai sensi dell'art. 36 cod. cons., presidia l'effettività della tutela; ma impone di interrogarsi sui limiti entro i quali il contraente possa fruire legittimamente degli effetti derivanti dalla dichiarazione
di nullità di una clausola o del contratto. Il diritto euro-unitario prescrive, invero, che la tutela garantita dall'ordinamento debba essere non solo “effettiva” per il contraente svantaggiato e “dissuasiva” verso il professionista, ma anche “proporzionata” rispetto
all'obiettivo protezionistico e al complesso assetto di interessi sotteso al contratto. La monografia è dedicata alla ricerca di un criterio idoneo a realizzare questo obiettivo in prospettiva sistematica, quindi in vista dell'applicazione analogica ad altre fattispecie
anche non consumeristiche. Lo studio si concentra, così, sul significato del lemma “interesse” in relazione alla nullità, nella congiunta lettura di regole sostanziali e processuali, che essa pone nel quadro della strumentalità del processo rispetto all'interesse sostanziale tutelato. E proprio l'interesse nei sensi prescritti dall'art. 100 c.p.c. - e, dunque, coi requisiti di attualità e concretezza - diviene per l’A. criterio e misura di ammissibilità della tutela invalidatoria.