Differentemente dal modello proprietario su cui si sono concentrati gli studi classici di corporate governance, le imprese attive in contesti distinti da quelli anglosassoni presentano una marcata concentrazione del capitale.
La dissociazione fra proprietà e controllo che le contraddistingue è animata dal confronto tra azionisti di maggioranza e di minoranza.
Tale fenomeno è spesso il risultato dei cosiddetti “control enhancing mechanism” (CEM), strumenti in grado di comprimere i diritti acquisiti con la titolarità del capitale derogando al principio che ne postula la proporzionalità.
I timori associati al potenziale opportunismo dei controllanti (e alle distorsioni derivanti dalla compressione delle prerogative riconosciute ai soggetti privi di questa caratterizzazione) hanno recentemente portato i CEM alla ribalta del dibattito sulle strutture proprietarie con il coinvolgimento di investitori istituzionali, accademici e Unione Europea. Ciò nondimeno, la prossimità tra azionisti dominanti e minoranze, abbinata al pieno superamento delle relative conflittualità, possono rendere i control enhancing mechanism una soluzione coerente con le esigenze di governo aziendale, a sostegno della crescita e della continuità dell’impresa.
Affiancando l’inquadramento teorico e l’esame del meccanismo d’azione dei CEM all’indagine bibliometrica delle ricerche sul tema, il lavoro analizza gli strumenti in argomento secondo una duplice prospettiva: quella interna, a carattere aziendale, e quella esterna, relativa al mercato. Lo studio si concentra, in particolare, su gruppi piramidali, patti di sindacato, golden share, non-voting share e cross shareholding con l’obiettivo di tracciare un quadro sistematico sulla loro origine e sui corrispondenti esiti.