La valenza indiretta dei corrispettivi contrattuali, relativi ad operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi domestici, costituisce, al fine della determinazione del reddito di impresa e della base imponibile Iva, una regola tendenzialmente imprescindibile e questo indipendentemente dal fatto che le predette operazioni abbiano luogo tra terze parti oppure intra gruppo.
Pertanto, ove si escludano alcune fattispecie contraddistinte da rationes alquanto peculiari – quali, ad esempio, gli scambi di beni e servizi con corrispettivo in natura – come tali non idonee a rivestire valenza sistematica generale, è bene notare l’insussistenza, nelle vigenti discipline in materia di reddito di impresa e di Iva, di alcuna disposizione volta espressamente a contrastare manipolazioni dei corrispettivi nelle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti nel territorio dello Stato, con ciò confermando quindi, a livello normativo, la precisa scelta del legislatore italiano, il quale, nei settori impositivi in oggetto, ha optato per una precisa scelta indirizzata verso la “regola del corrispettivo”.
Pertanto, i corrispettivi pattuiti con le controparti contrattuali, in occasione della vendita e dell’acquisto di beni e servizi, concorrono in via mediata a formare il presupposto di imposta dichiarato dal contribuente e, a meno che quest’ultimo non ponga in essere comportamenti contrari alla legge tributaria e, in ultima istanza, al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., tali corrispettivi non possono essere, in sede di controllo, oggetto di modifica da parte dell’amministrazione finanziaria.