Il modello di imputazione fisiologicamente cumulativa prescelto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 schiude una dimensione in cui i due piani dell’accertamento individuale e del giudizio de societate si fondono dando vita ad una inedita fisionomia processuale
ancora in attesa di compiuta sistematizzazione teorica, in cui gli schemi e le cadenze del rito si differenziano sensibilmente rispetto a quelle della procedura penale “classica”. Dopo aver isolato i caratteri di questo modello sui generis lo studio approfondisce
le dinamiche inferenziali tipiche del litisconsorzio semi-necessario tra ente e imputato, sede elettiva per lo sviluppo delle dinamiche competitive alimentate dal conflitto d’interessi tra i due compartecipi. L’analisi si dedica anche alla figura di litispendenza
anomala discendente dall’inosservanza del principio del simultaneus processus sancito dall’art. 38 del Decreto, dove la separazione si pone alla base di una peculiare declinazione di alcuni snodi del procedere. Costante della speculazione teorica coltivata è
una prospettiva orientata ai diritti, tesa a saggiare l’impatto delle diverse manifestazioni del cumulo processuale eterogeneo sulla consistenza delle prerogative delle parti.
Giovandosi del metodo comparatistico ci si accorgerà di come i rapporti tra società e persona fisica schiudano opportunità quanto mai accattivanti al fine di emendare la crisi di effettività che attualmente affligge il “sistema 231”, immaginando un assetto
funzionale agli obiettivi di politica criminale ma pur sempre rispettoso delle garanzie del giusto processo.