L’imposta sui servizi digitali è la risposta dell’ordinamento nazionale a una serie di “crisi”: quella dei principi su cui si fonda il sistema delle convenzioni internazionali determinato dallo Stateless income, quella determinata dall’insorgere di un disallineamento di interessi fra gli Stati circa l’an e il quomodo, della reazione a questi fenomeni, quello della crisi della sovranità degli Stati. Questa risposta si fonda su una soluzione innovativa: l’assunzione a presupposto del tributo dei “dati” nelle molteplici forme in cui essi rilevano come autonomo oggetto di controllo, scambio e impiego nell’ambito di forme d’impresa cc.dd. data enabled. Lo studio dell’imposta sui servizi digitali consente di acquisire consapevolezza sia dei problemi che ne costituiscono la giustificazione di fondo, sia delle molteplici questioni tecniche e giuridiche sono implicate da un’imposta sui “dati”. Gli autori che hanno collaborato a questo volume offrono un quadro probabilmente esaustivo dei temi sul tappeto che spaziano dai problemi di diritto internazionale e unionale, al diritto dei mercati finanziari; dal diritto della proprietà intellettuale, al diritto pubblico dell’economia; dal diritto internazionale tributario, ai vari settori dell’ordinamento tributario nazionale tanto “formale” (accertamento, sanzioni, ecc.), quanto “sostanziale” (IVA e imposte dirette). Ed anche se dovesse realmente avverarsi la preconizzata abrogazione dell’imposta, lo studio non dovrebbe rivelarsi un esercizio sterile non essendo ipotizzabile che si possa assistere a un declino della centralità dei “dati”, come elemento discriminante della diversa condizione sociale dei membri della collettività e, quindi, come nuovo “indice” di capacità contributiva.