La Libia del dopo Gheddafi è un intero paese da ricostruire. Le opportunità di business sono enormi e per questo rappresenta una delle mete più promettenti per le imprese italiane, da sempre in prima fila sull’altra sponda del mediterraneo. È facilmente intuibile il perché di un simile interesse: il programma di ricostruzione della Libia presentato dal governo di Tripoli ad inizio 2013 prevede investimenti per circa 100 miliardi di dollari in infrastrutture nei prossimi 10 anni.
Tuttavia, nonostante queste enormi opportunità, la perdurante instabilità politica frena l’entusiasmo degli investitori.
Nel paese vige ancora una notevole confusione. Il governo di transizione, attualmente in carica, deve portare a nuove elezioni politiche ma, secondo gli analisti, queste non arriveranno prima dell’estate 2014.
Anche se per il momento la ricostruzione del paese è bloccata, secondo gli osservatori del FMI gli ultimi indicatori economici mostrano una ripresa della produzione di idrocarburi entro la fine del 2013. Tale previsione è di fondamentale importanza per un paese fortemente legato al petrolio e al gas: questi rappresentano oltre l’80% del PIL libico e sino al 97% dei suoi proventi derivanti dalle esportazioni.
L’Italia – che costituisce il principale partner economico della Libia e la meta principale dell’export libico – guarda con estrema attenzione l’evolvere della situazione per recuperare il livello gli scambi economico-commerciali esistente prima del 2010 e sfruttare l’atteso decollo della domanda di cemento, materiali da costruzioni, componentistica, semilavorati, macchinari, sistemi per l’edilizia, le infrastrutture e servizi atteso con la ricostruzione.
STRUTTURA
1) Rischio paese
2) Normativa import/export
3) Contratti di distribuzione
4) Normativa degli investimenti esteri
5) Normativa societaria
6) Sistema fiscale
7) Normativa del lavoro
8) Tutela della proprietà intellettuale
9) Sistema valutario e finanziario
10) Indirizzi utili