Il contributo della Santa Sede al Diritto internazionale

Il contributo della Santa Sede al Diritto internazionale

Dal diritto d'ingerenza alla responsabilità di proteggere la dignità umana

Autori: Santus Ivan Mostra di più Mostra meno

Data di pubblicazione: 07/2012

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Sono tanti i motivi che spingono a riflettere su un tema come la sicurezza e l’uso della forza in un contesto internazionale che sperimenta, quasi quotidianamente, contrapposizioni, conflitti, guerre. Situazioni spesso drammatiche e soluzioni che stentano ad essere efficaci, forse perché necessitano di fondamenti ben saldi e strutturati. Intorno a questi temi si è concentrata l’interessante e ordinata ricerca che Ivan Santus ha condotto per concludere il suo percorso di dottorato. Un lavoro che, partendo dal quadro offerto dal diritto e dalla prassi internazionale, si presenta come tentativo – ben riuscito – di porre a confronto normative, istituti giuridici ed opinioni dottrinali differenti, nella convinzione che fermarsi solo a ricercare la cause della mancata sicurezza o rispondere in termini di emergenza non è più sufficiente. Con estrema chiarezza l’Autore indica che si tratta di un dibattito aperto nel quale si inseriscono coerentemente l’apporto del magistero della Chiesa cattolica – quale istanza diversa da quelle politico-istituzionali – e nello specifico le parole pronunciate da Benedetto XVI di fronte alla platea delle nazioni, nel corso della sua visita all’ONU il 18 aprile 2008. Parole che, come rileva questa ricerca, possono considerarsi un modo per avvalorare nella vita degli Stati e nelle relazioni internazionali una nuova «teoria della sicurezza» (o usando l’espressione più tecnica, «della responsabilità di proteggere»), che per essere operativa ha necessità di legarsi alla più articolata teoria della «prevenzione»: dei conflitti, della guerra, delle carestie, degli eventi naturali, delle crisi economiche, fino alla più ampia prevenzione di fronte al diniego della dignità umana. Dare concretezza alla responsabilità di proteggere significa adoperarsi per superare un modello di socialità ispirato al timore reciproco, alle ansie della quotidianità, all’allarme per il futuro; a quello che per gli Stati è chiamato deterrenza, sfere d’influenza, limiti di sovranità.

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07/2012

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