L’autobiografia di Emilio Betti (1890-1968) – giurista tra i più significativi del Novecento - è un esame di coscienza fatto nell’imminenza del pericolo di perdere la propria vita, agli inizi dell’estate del 1944. Fascista convinto, fu catturato dai partigiani, ma scampò all’esecuzione e le pagine allora scritte furono pubblicate nel 1953.
Le Notazioni sono un archivio di ricordi, di esperienze e di volti conosciuti, che pullulano nelle pagine a dispetto di quel «senso di tetra solitudine» che pervade tutta la narrazione.
Betti si rivela in un turbinio di pensieri in cui le annotazioni sulla formazione, gli studi, l’insegnamento dalla cattedra, si fondono con quelle riguardanti i suoi malesseri, le ansie, la vita interiore e spirituale. Unita al tratto più umano, emerge anche la sua figura di giurista e l’impegno profuso per «diventare» tale.
La ristampa anastatica del testo del 1953 è introdotta da un corposo saggio della curatrice, che pubblica anche un’appendice documentaria di lettere del giurista, ed è corredata dall’indice dei nomi che compaiono nell’autobiografia.