In Gran Bretagna, Germania, Spagna, Francia, il governo, e il suo leader, vengono designati col voto dalla maggioranza degli elettori, sulla base di un programma di indirizzo politico, che è stato ritenuto più valido di quello della forza politica alternativa.
La “legittimazione diretta” rappresenta un patrimonio costituzionale a livello europeo. I contributi ospitati in questo fascicolo, nella sua parte prevalente dedicata agli esecutivi in Europa, confermano questa tendenza dei governi a “legittimazione diretta”.
L’anomalia italiana del cd. governo tecnico può essere tollerata ma non incentivata oltremodo.
È vero che gode della fiducia parlamentare di una “grossa coalizione”, ma in quanto solamente finalizzata a quei provvedimenti, conculcati per decreto, che dovrebbero condurre a realizzare il “salva Italia” e poi il “cresci Italia” (come sono stati ribattezzati i primi decreti del Governo Monti). In questo contesto, il Parlamento si limita a dare e a mantenere la fiducia nonché a convertire in legge i decreti.
Possibile che il luogo della rappresentanza e della sovranità popolare sia costretto a impotenza e incapacità decisionale? Possibile che il Governo, luogo dell’esecuzione amministrativa e dell’indirizzo politico, sia il risultato di una scelta tecnocratica priva di qualunque legittimazione democratica?
I governi tecnici, o nella peggiore versione quella dei colonnelli, stridono e si oppongono ai normali e corretti percorsi costituzionali, almeno nella versione della legittimazione diretta. E allora, che abbiano durata limitata e circoscritta; che portino a compimento i soli obiettivi economici per i quali si sono formati e sono stati fiduciati in Parlamento. E dopo avere reso un utile servizio al Paese, si ritraggano consentendo il ritorno della politica dei partiti. Ai quali spetta la grande responsabilità di sapere essere credibili, a cominciare da una seria e accorta selezione della classe dirigente – magari attraverso le primarie disciplinate con legge – anche per ridurre la crescente (e preoccupante) disaffezione dei cittadini alla politica, che rischia di degenerare in un dissacrante antiparlamentarismo.