Lo studio prende in esame la categoria dei cd. reati propri, assumendo come dato di partenza la constatazione che «ci si trova davanti ad un consolidato e uniforme riconoscimento dell’esistenza di un “tipo” di illecito che merita considerazione autonoma per le sue peculiarità, e, nello stesso tempo, alla parimenti consolidata assegnazione dell’elemento “in più”, che contrassegna il tipo, alla teoria del soggetto, meglio dell’autore e, per questa via, allo spostamento dell’attenzione al piano della responsabilità».
L’indagine si propone di porre in luce i limiti e gli equivoci di una ricostruzione dogmatica in tema di reato proprio, che sembra essersi cristallizzata in un sistema di enunciazioni teoriche e di soluzioni applicative che insistono nel porre al centro del “tipo” la violazione di un dovere, orientando verso disvalori soggettivi.
Muovendo alla ricerca della struttura del reato proprio, l’attenzione viene portata sulle condizioni e qualità personali. Dopo un imprescindibile chiarimento terminologico e concettuale delle varie tipologie, si perviene alla conclusione che la qualità, naturalistica o giuridica, indica la posizione in cui il soggetto si trova rispetto al bene tutelato, così che punti nodali dell’indagine divengono due: precisare il contenuto di tale posizione soggettiva e verificare come essa si collochi all’interno della fattispecie.
Sotto il primo profilo, dopo aver sottoposto a vaglio critico la teoria del bene proprio o speciale, - mostrando come essa si risolva nell’individuazione di un dovere proprio del soggetto qualificato, tenuto conto del prospettato accostamento al reato omissivo improprio e alla posizione di garanzia a questo sottesa - si rinviene nel potere l’aspetto che rende tipica la situazione in cui versa il soggetto che appunto “può” divenire autore di un reato proprio.
In relazione al secondo, si affronta il problema se la qualifica s’inserisce nel fatto, divenendone elemento in veste di presupposto della condotta o dell’offesa, oppure “colori” il fatto, ne esprima il disvalore, inserendosi tra i requisiti dell’antigiuridicità. Si conclude nel senso che la situazione soggettiva di potere valga sempre a caratterizzare la condotta di un reato proprio come abuso del potere stesso.
E’ alla luce delle conclusioni su tali ultimi passaggi che viene affrontata l’analisi dell’elemento soggettivo nelle fattispecie proprie - in particolare la questione se la qualifica soggettiva debba essere oggetto del dolo – ed il tema del concorso di persone.