I principi del nuovo diritto dello sviluppo sostenibile

I principi del nuovo diritto dello sviluppo sostenibile

La complessità assiologica del sistema di tutela ambientale conformato agli obiettivi di agenda 2030 e del green deal europeo

Autori: Buonfrate Angelo Mostra di più Mostra meno

Data di pubblicazione: 07/2020

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I 17 Sustainable Development Goals (SDGs) e i 169 traguardi (target) stabiliti dalle Nazioni Unite con AGENDA 2030 sono interconnessi e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale. Il proliferare di comunicazioni, riflessioni, pareri e raccomandazioni e l’adozione della nuova strategia del Green Deal europeo ci dicono che l’UE e i suoi Stati membri sono fermamente impegnati per realizzare entro il 2030 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. I traguardi fissati da questa nuova e ambiziosa Agenda universale rappresentano un obiettivo prioritario anche dell’azione del Governo italiano, chiaramente ed espressamente indirizzata a dare concretezza agli impegni presi sul piano sovranazionale: in questo senso vanno inquadrate le iniziative che hanno portato all’adozione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e a un’intensa programmazione economico-finanziaria (confluita nei recenti DEF, PNR, leggi di bilancio, disposizioni legislative in materia di “green economy”, rifiuti, energia, clima, etc.), per dare attuazione al modello di economia circolare e garantire più efficaci forme di tutela dell’ambiente, fondate principalmente sull’azione preventiva e su una rinnovata alleanza tra pubblico e privato. Le priorità del programma d’azione universale, peraltro, non hanno subito retrocessioni neanche dopo lo shock pandemico: i piani di ripresa adottati dall’Europa (Next Generation EU) e dall’Italia (il c.d. decreto “Rilancio”), infatti, hanno individuato nello sviluppo sostenibile e, in particolare, nella sua dimensione ambientale, il principale antidoto per superare le avversità economico-sociali causate da “black swan”.

In questo rinnovato contesto, dunque, appare fondamentale ripensare (e rinominare) la disciplina giuridica ambientale nazionale - e ancora prima quella internazionale ed europea - in termini di sviluppo sostenibile, quale principio ordinatore, di carattere universale, capace di misurare e dominare la complessità giuridica dell’ambiente e al contempo idoneo a garantire forme di bilanciamento “uguale”: solo così e, in particolar modo, attraverso la composizione “ragionevole” dei conflitti tra interessi contrapposti, da farsi preferibilmente in chiave “consensuale” e comunque secondo la logica del diritto fraterno, della solidarietà intergenerazionale e della sussidiarietà “circolare”, sarà possibile risolvere casi concreti, come il caso “Ilva”.

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07/2020

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